Pinacoteca o sala esposizioni?

Ma Palazzo Attems Petzenstein è una pinacoteca o una sala esposizioni? L’attuale direttrice dei Musei provinciali e la direttrice dell’Erpac, il “carrozzone” (copyrighht Ettore Romoli) che li ha presi in gestione credono nel valore nazionale e internazionale del patrimonio artistico del Museo, ovvero dei vari Music, Crali, Altieri Mocchiutti, Spazzapan, tanto per fare dei nomi?
Sono le domande che vengono alla mente a chi ha visitato la mostra “Anni ‘50”, operazione all’insegna di quel provincialismo straccione che impera da quando la città è in mano a questa amministrazione, costata comunque oltre 500mila euro che non sono bruscolini,in cui quel che resta della nostra stupenda Pinacoteca sono quattro stanze male allestite senza alcuna cesura e/o continuità con la mostra dei ’50.
Abbiamo sempre sostenuto che è giusto che la Regione investa – come fa – sulla futura Concapitale Europea della Cultura, magari valorizzando la notevolissima e poco conosciuta arte cittadina, come fanno -ci dispiace annotarlo – a Monfalcone. L’assessore alla cultura della Città dei Cantieri, Luca Fasan, dimostra ormai da qualche anno che la cultura goriziana non è affatto provinciale o di serie B: piuttosto ha tanto bisogno di essere divulgata e valorizzata.
Ma non era proprio questo lo scopo dei “nostri” Musei Provinciali, almeno prima che passassero sotto l’egida triestina nella sciagurata recisione degli stessi dalla potestà della città che li ha creati quando Gorizia era una città ?
Ferragamo, Capucci, Jole Veneziani, Schuberth, Gucci: fantastico.
Il sofisticato mondo dell’Italia che stava preparando l’incredibile boom del decennio successivo è illustrato in questa mostra campionaria, che non ha alcun riferimento alla nostra città.
Eppure anche Gorizia, essendo fortunatamente in Italia, rifletteva l’insorgere delle tendenze che impazzavano a Roma, Milano, Capri.
Per capirci: non c’erano soltanto dive di Cinecittà, le compagne degli Agnelli o il generone romano, ma anche signore della borghesia goriziana che si mettevano in ghingheri, elegantissime come quelle di Firenze, per andare a lavorare, a chiacchierare in caffè, oppure alla Festa della Repubblica in Prefettura.
Era doveroso in questo sfoggio di delizie estetiche un piccolo, modesto richiamo alla nostra città: una semplice gigantografia, un pannello esplicativo che spiegasse ad esempio quanto Gorizia soffrisse di una netta cesura tra le varie classi sociali, per non parlare dell’incomunicabilità tra i goriziani di lingua italiana e quelli di lingua slovena. Difficilmente operaie e operai del Cotonificio e della Safog interagivano con il ceto dei professionisti, degli industriali, dei “notabili”. Un accenno sarebbe bastato, per rendere comprensibile al turista il perchè di una mostra che voleva essere antologica ma che è solo approssimativa.
Speriamo che in futuro ci sia maggiore impegno a valorizzare il nostro genius loci e la città che ospita queste esposizioni, anche per non trasformare vocazioni hobbistiche in dispendiosi progetti espositivi (quanto è costata in realtà?) che non portano da nessuna parte, men che meno alla valorizzazione della storia e della cultura cittadina. La quale ripetiamo, non è assolutamente provinciale a meno che, per ignoranza o snobismo non si voglia considerarla tale, tanto che proprio in base alla sua storia particolarissima della cultura europea sarà la capitale proprio grazie a Nova Gorica.
D.A.

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