Di esposizione in esposizione, la scelta monfalconese non tradisce, aiutando il visitatore a conoscere non solo gli artisti internazionali (com’era stato, per esempio, per Vasilij Kandinskij) ma anche quelli vissuti nelle nostre zone: Max Fabiani, Vittorio Bolaffio e – in questo caso – Giuseppe Zigaina, nato a Cervignano del Friuli nel 1924.
La rassegna rientra in un più ampio progetto, denominato “Giuseppe Zigaina e Antonio Lasciac.
Arte e Creatività oltre le frontiere. Paesaggi, trasfigurazioni, architetture e visioni”: un’iniziativa nata nel 2022 con l’intento di proseguire fino al 2025, nell’ambito della Capitale Europea della Cultura. L’obiettivo che si vuole perseguire è proprio quello di far risaltare “la dimensione europea degli artisti presentati”, mettendo il luce “i valori e le personalità di grandi figure del territorio regionale (…) che hanno avuto la capacità di espandere oltre i confini nazionali la propria arte e cultura”.
Ciò che si può ammirare, lungo il percorso espositivo, è lo stretto legame che intercorre tra Zigaina e il paesaggio della bassa friulana: elaborato e racchiuso nelle sue tele entro un’evoluzione panoramica di sentimento, spazio e significato. Il tutto dipinto da una personalità artistica acuta e sensibile: vissuta a cavallo tra le due guerre, in un contesto di cambiamenti sconvolgenti.
Un incontro molto significativo è quello avuto con Pier Paolo Pasolini, nel 1946: con il quale Zigaina ha continuato – artisticamente – a dialogare (anche dopo la morte dello scrittore). I due, infatti, erano legati da un solido rapporto personale e artistico: per le poesie di Pasolini, Zigaina realizzava alcuni disegni, come fu per la raccolta “Dov’è la mia patria?”; mentre per le esposizioni del pittore (come quella del 1949, presso la Galleria Bevilacqua La Masa, a Venezia), il poeta scriveva un testo introduttivo. Entrambi, poi, hanno avuto modo di cimentarsi nel cinema, senza mai perdersi di vista.
La carriera di Zigaina è stata davvero lunga, essendo vissuto fino all’età di 91 anni. Protagonista del realismo italiano del dopoguerra, nonché notissimo incisore e disegnatore, ha coltivato una pittura sempre ancorata ai temi del suo tempo, benché realizzata entro un suo particolare modo di sentire e percepire la realtà.
La maggior parte delle opere esposte a Monfalcone, ci proietta in masse di colori e graffiti nei quali è necessario immergersi fino in fondo, per comprendere a pieno le emozioni dell’artista. Di certo, le grandi dimensioni sono d’aiuto, in questo incredibile viaggio nel colore: tanto astratto, quanto preciso, da non farci perdere la rotta.
I paesaggi sono quelli che vediamo abitualmente: dalle campagne ai girasoli e dalla laguna al mare. Ciò che fa realmente la differenza, però, è lo sguardo con cui siamo invitati ad accostarci all’ordinario; per approdare verso un’inedita ri-composizione dei ricordi, della luce, della poesia.
Chiara Pradella